RECENSIONE – Se siamo ancora vivi

Fonte: Almanacco della scienza

Storia d’amore e di fobie

La protagonista femminile dell’ultimo romanzo di Marilù S. Manzini “Se siamo ancora vivi”, è una fobica da manuale: Lexa soffre infatti di tutte le paure descritte nei testi di psicologia. Scossa per la morte prematura del fratello Jonathan, la ragazza teme di soffocare (anginofobia), di essere colpita dal cancro (cancerofobia), ha paura delle sostanze chimiche (chemofobia), di ammalarsi (nosofobia), di ferirsi (traumatofobia) ed è spaventata dagli oggetti acuminati e taglienti (aicmofobia), ma soffre anche di algofobia (paura del dolore fisico) e di agyrofobia (paura delle strade e di attraversarle). Vive quindi barricata in casa, senza vedere nessuno, uscendo solo il minimo indispensabile per fare la spesa o, come capita sempre più spesso, per raggiungere l’ospedale in preda al panico, in cerca di assistenza e cure per i suoi immaginari disturbi.

Parallelamente alla sua storia, l’autrice ci racconta anche quella di Alex, scrittore di best seller romantici, famoso ma scontento della propria esistenza, che reputa vuota e falsa e che cerca di rendere sopportabile infliggendosi masochisticamente continue torture fisiche, le sole in grado di dargli la forza di andare avanti perché ‘La vita è illogica, contraddittoria, una melodia stonata, tra accordi inesatti’.

Mentre Lexa, non volendo lasciare nulla al caso riguardo alla propria fine, si reca in un’agenzia funebre per scegliere per tempo l’urna che dovrà contenere le sue ceneri, Alex pianifica con scrupolo il proprio suicidio, che vuole abbia le caratteristiche di un’uscita di scena spettacolare, che stupisca i suoi fan e i suoi collaboratori.

Casualmente i due si incontrano e, attratti dalle rispettive solitudini e sofferenze, si avvicinano dando inizio a un insolito e tragicomico rapporto d’amore.

Contraddistinta da una scrittura spietata, lucida, ma anche ironica e a tratti comica, Manzini è capace di descrivere con autenticità le insoddisfazioni e le sofferenze del nostro tempo, patinato e glamour in superficie, ma nel profondo carico di incomunicabilità e di angosce.

Il classico contrasto tra l’essere e l’apparire, tra la forma e la sostanza trova un’adeguata personificazione nei due protagonisti della vicenda che, con le loro esasperate manifestazioni di dolore, riassumono il malessere che questa crudele, ma spesso necessaria antinomia contemporanea, provoca nell’essere umano.

A cura di Rita Bugliosi