RECENSIONE – Se siamo ancora vivi

Fonte: I BARBARI

Leggo Marilù S. Manzini fin dai suoi esordi presso Salani editore nel 2004 con il suo “Io non chiedo permesso” e ammetto che la sua scrittura mi è sempre piaciuta oltreché intrigarmi per come era intrisa di quel minimalismo di provenienza americana che la faceva assomigliare in maniera sorprendente al Bret Easton Ellis di “Meno di zero” o al Jay McInerney de “Le mille luci di New York”. Ad onor del vero, anche nella trama e nei protagonisti “Io non chiedo permesso” faceva il verso ai romanzi dei più celebri scrittori americani, con la protagonista Giulia, rampolla di una ricca famiglia “perbene” della provincia del Nord Italia, iscritta all’università, senza però mai impegnarsi. Le sue giornate iniziano tardi e sono fatte di shopping e aperitivi, di interminabili serate in discoteca ed esclusive feste private. Giulia si imbottisce di psicofarmaci e droghe. Una corsa verso l’autodistruzione attraverso eccessi di ogni tipo che lascia un solo, esile, margine alla speranza. Come si vede una cronaca in diretta di quei giovani ricchi e rampanti alla deriva degli anni ottanta. Un tema caro alla scrittrice modenese che sviluppa con originalità nel romanzo successivo “Il quaderno nero dell’amore” in cui riportava su un quaderno dalla copertina di Luis Vuitton ogni atto sessuale svolto dai tre partecipanti/protagonisti e i segreti indicibili delle loro vite. Maria Vittoria designer d’interni, con un fidanzato noiosissimo (figlio di un re della piastrella), si droga parecchio e colleziona odori di persone in indumenti conservati sottovuoto. Paola aspirante starlet di rara bellezza, giornalista sportiva di una tv locale, che va a letto con chiunque per fare carriera, aizzata da una madre-mantide. Riccardo, accanito amatore seriale, sta conducendo alla rovina il locale alla moda che gestisce con madornale insipienza. Un romanzo potente e leggero che racconta con parole al vetriolo un mondo fatto di discoteche, ambigue sale per casting di programmi televisivi di serie C e lenzuola che potrebbero raccontare un’odissea, tante ne hanno viste; un mondo al limite, dove i giochi pericolosi s’intrecciano al sesso più sfrenato e la vita pare una scommessa, divertente sì, ma soprattutto feroce. Un mondo dove nulla è impossibile, in cui camminare bendati al limitare del precipizio è pura e semplice normalità. Ma è con questo suo ultimo “Se siamo ancora vivi” che la scrittrice raggiunge la piena maturità e si lascia alle spalle tutte le debolezza degli anni ottanta/novanta, anche se in questa maturità raggiunta si sente la provenienza tematica dell’autrice.

Intanto in questo suo ultimo lavoro una parte importante del testo viene spesa nell’analisi del ruolo dello scrittore che per Marilù sembra avere una esistenza di pura finzione. Alex Goodnight uno dei due personaggi del libro è uno scrittore da dodici milioni di copie e un conto in banca impressionante, all’apice del successo con romanzi d’amore di una banalità assoluta. L’autrice sembra chiedersi allora se il successo (di pubblico ed economico) in letteratura può derivare solo attraverso la banalità del vivere quotidiano. Se consideriamo la letteratura che ci propone la stessa Marilù, dobbiamo dire che non è tanto la banalità quanto la capacità di raccontare il mondo che ci circonda, un mondo fatto prevalentemente di plastica e che conduce gli spiriti più sensibili a considerare il suicidio elemento possibile e fattivo dell’esistenza umana. E a questo punto entra in gioco il secondo protagonista del romanzo, l’eccentrica e glamorous Lexa Sunrise reclusa volontaria e soggetta alle più disparate fobie esistenti. Due solitudini che si scontrano e si riconoscono riuscendo alla fine l’uno nell’altro a trovare la forza della rinascita.

Con il sorriso cattivo che la contraddistingue e un’innata capacità di trasformare in romanzo le emozioni e le debolezze del nostro tempo, Marilù S. Manzini racconta una grande storia d’amore nevrocomica — l’unica che si possa ancora raccontare — e traccia un catalogo divertente e spietato delle fobie dell’uomo contemporaneo.