L’Italia dal ‘94

“L’Italia dal ‘94”, una recensione ad opera di Alessandra Bertolè Viale
Piaccia o non piaccia dal 1994 la vita politica italiana è animata, tra gli altri, da due carismatiche figure, che proprio dalle elezioni del 27 marzo 1994 escono vincitori, rappresentando una novità rispetto al panorama politico della malamente definita Prima Repubblica. L’asse politico, e forse anche l’amicizia, tra Silvio Berlusconi e Umberto Bossi nasce proprio in quell’epoca di cambiamento dell’assetto del Parlamento ma soprattutto nel modo di fare politica. Con il suo solito attento e curioso sguardo la Manzini ritrae Bossi novello Adamo, che grazie all’accordo con Berlusconi, non a caso creatore divino, riceve una sorta di investitura a partito autentico. Berlusconi legittima la presenza della Lega Nord in Parlamento, rende il partito del Senatur non più solo la barzelletta da bar raccontata nei circoli pseudo intellettuali della sinistra ormai priva di ogni guizzo inventivo; Berlusconi fa di Bossi un fedele alleato, una guida per un partito con solide basi, programmi, progetti: una compagine che nel susseguirsi delle legislature è stata in grado di formare ministri intelligenti e validi, proprio come in questa iperbolica metafora pittorica dai figli di Adamo è nato il genere umano, con i suoi buoni e cattivi.
Bossi con sciarpa verde e occhiali sdoganato da un Berlusconi divino sorretto da un drappo, non a caso, viola, come il colore scelto dai suoi folkloristici oppositori.
L’opera della Manzini è sempre un concentrato di citazioni, dalle più colte come Michelangelo e Andy Warhol a quelle più popolari e del senso comune (o forse comune buonsenso), di allusioni e di attributi iconografici, volti quasi a santificare i suoi personaggi. Una rilettura in chiave ironica, ma mai satirica o sterilmente polemica, del mondo moderno visto attraverso i colori accesi, i volumi quasi manieristi e la più autentica filosofia pop. Con il suo tono scherzoso la Manzini sdrammatizza il quadro politico, che altrimenti rischia di diventare uno scontro fatto solo di scambi di accuse, perdendo di vista non solo le vere esigenze del paese, ma allontanando il cittadino dalla politica, che manca così la sua naturale vocazione alla collettività.

Nei quadri politici della Manzini, ispirati soprattutto dalla sua “Marylin” Silvio, come ho già avuto modo di scrivere in passato, l’intento non è mai di denuncia o accusatorio, semplicemente la Manzini osserva, racconta, prende nota di vicende, per altro sulla bocca di tutti, per ironizzarci sopra, per renderle più umane, quasi per sdrammatizzare senza però farci dimenticare ciò che accade.

La Manzini cerca la verità sulla natura umana e gioca con i suoi contrasti, le sue debolezze. Ed ecco allora un Berlusconi creatore oppure, come compare in un’altra opera in bianco e nero, all’interno del monopoli, dove non c’è la satira denigratoria (e a volte perfino fastidiosa) cui spesso siamo sottoposti, ma semplicemente la constatazione di un uomo potente che governa, che possiede e che gestisce.

Italy since ‘94

“Italy since ‘94”, By Alessandra Bertolè Viale
Whether you like it or not since 1994 the life of Italian politics has been animated, among the others, by two charismatic characters, whom just from the general elections of March the 27th 1994 came out as winners, featuring a novelty compared to the Italian politic situation of the so-badly-called Prima Repubblica (First Republic). The politic axis, and probably also the friendship, between Silvio Berlusconi and Umberto Bossi has its birth just when the Italian Parliament was going through a great change above all in the way of doing politics.
With her usual curious and sharp look Manzini portrays Bossi as a novel Adam, that thanks to the agreement with Berlusconi, not by chance divine creator, gets a sort of ordination to authentic party.
Berlusconi legitimizes the presence of Lega Nord in the parliament, makes Senatur’s party not just a sort of pub joke told in the pseudo-intellectual left winged circles by now lacking creativity;
Berlusconi makes of Bossi a faithful ally, a guide for a soundly based party, manifestos, projects: a team that legislature after legislature was able to train clever and valued ministers, just like in this hyperbolic pictorial metaphor the human genre, with its good and bad, was born out of Adam’s sons.
Bossi with his green scarf and sunglasses cleared by a divine Berlusconi supported by a cloth, purposely violet, just like the color chosen by his opponents.
Manzini’s work is always a mix of quotes, from the most cultured ones like Michelangelo and Andy Warhol to the most popular and of common sense (or perhaps common good sense) hints and iconographic symbols, almost aimed at sanctifying her characters.
An ironic new reading, never satirical or fruitlessly polemical, of the modern world seen through bright colors, volumes nearly manneristical and the most authentic pop philosophy.
With her playful key Manzini plays down the political context, that otherwise risks to become a struggle made of slanderous remarks, forgetting not only the country’s real needs, but also pushing the citizen away from politics, politics that loses its natural vocation to the community.
In Manzini’s political painting, inspired mostly by her “Marilyn” Silvio, as I have already stated in the past, the will is never to blame or point the finger to anyone, Manzini simply watches, tells, takes down notes of the events, however on everybody’s mouth, to be ironic about them, to make them more human, almost to play them down without letting us forget what is happening.
Manzini seeks the truth of human nature and plays with its conflicts and weaknesses. So here is a Berlusconi creator or, as he appears in another black and white picture, inside a monopoly, where there is no detractive satire (sometimes even annoying) we are often subjected to, but simply the observation of a powerful man governing, owning, managing.